Ho un solo alleato, la giustizia fraterna. Conoscere La Pira per agire adesso (di Maurizio Certini)

Dialogo al Centro La Pira – L’incontro speciale fra gli studenti dell’Istituto Gramsci-Keynes di Prato e due studenti afghani

Articolo Livia classe Consentino

 

a cura di Livia Cefaloni su “Migranti-press”

Yemen – Riflessione sulla pace

Riceviamo questa riflessione sulla pace da Hamdan AlZeqri, giovane dello Yemen cittadino italiano, socio del Centro Internazionale Studenti G. La Pira.

Mi giro indietro e guardo quell’angolo straordinario chiamato “Arabia Felix”, lo Yemen, ricco di ospitalità, colmo di storia, di polvere, di sabbia e montagne, incenso, alberi e rocce, dolore e Speranza, dove di giorno il sole è molto forte e le stelle di notte sono come uno sciame di api.  Cosi inizio il mio viaggio, un viaggio che non ho scelto ma che ho sempre desiderato fin da quando in quinta elementare ho studiato Michelangelo, Galileo e il rinascimento. L’ho sognato da un Paese lontano, povero, con tante difficoltà politiche e economiche, una repubblica con mille problemi ma che in qualche modo andava avanti. C’erano le strade, le scuole, piccoli ospedali, alberghi, università, moschee e giardini. C’era un legame sociale, c’era una storia, un presente con i suoi orizzonti che indicavano una speranza e un futuro. Dimenticavo: c’erano i musei, le librerie e le biblioteche anche se piccole, ma con scaffali pieni di libri e di documenti. C’era vita e il mio Paese era il più bello del mondo: il mio mondo. Perché c’era la Pace.

Rivivo come se fosse oggi, quel 15 marzo 2004 in cui sono atterrato a Roma-Fiumicino all’alba. Erano le 4 e faceva molto freddo. C’era anche la nebbia. Quel freddo era ancora più pungente per me che il giorno prima in aeroporto avevo salutato i miei familiari, i parenti e gli amici, tra lacrime e abbracci. Avevo lasciato tutti dietro a un vetro che mi separava da loro, un vetro molto spesso oltre il quale non potevi passare: li vedevo là dietro, ma non potevo tornare indietro. Fu lì che iniziò un’altra storia.  Oggi non c’è più quel vetro e se c’è non serve a niente: nessuno parte e nessuno arriva dallo Yemen. Sono quasi otto anni che c’è la guerra, anche se nel mio nuovo Paese, di cui sono cittadino a tutti gli effetti, nessuno ne parla.

Cos’è la guerra?  È quel dolore che raggiunge ogni casa e colpisce con violenza cieca ogni bambino, anziano, uomo, donna, braccia, gambe, alberi e fiori, distrugge muri, demolisce legami e relazioni, ospedali, scuole, asili, università e ponti. Senza fare distinzioni tra le cose e le anime. Brucia il passato, fa evaporare il presente, annerisce il futuro. L’acqua inquinata, il cibo scarso, le medicine scadute, l’odore di polvere da sparo che esala da ogni angolo. Anche l’orizzonte si è ripiegato: il sole non sorge e non tramonta, la luna non appare, le stelle non spuntano in cielo. Gli uccelli non cantano, spaventati dai motori degli aerei e dei carri armati che non cessano di ammutolire la natura. E io sono qui dietro un vetro spesso, impotente e inebetito dal silenzio di chi a quella guerra non dedica che qualche dato drammatico sulla crisi umanitaria in corso. Il cuore trabocca, allora guardo le stelle e odoro la menta cresciuta da un ramo di menta yemenita messo di nascosto in valigia dalla mia mamma. Troppo tempo fa. E prego, prego gli uomini di amare la Pace, a qualunque costo.

Hamdan AlZeqri, 16 marzo 2022