Una nuova missione. L’Europa saprà dire: «Siamo tutti libanesi»? (Da Avvenire)

di Michele Zanzucchi

La gravissima situazione che già da qualche mese stava sconvolgendo la vita dei cittadini libanesi ha, al solito per queste terre martoriate, trovato la sua esemplificazione nella gravissima esplosione che martedì ha provocato un centinaio di morti e 4 mila feriti nella capitale Beirut. Da tempo ci si aspettava il collasso di una società al bordo della disperazione, ma pochi si immaginavano che prendesse la forma terribile del fungo di fumo che si è levata dal porto della capitale. Da un paio d’anni Akram Nehme predica la ‘teoria del collasso’: il Libano periodicamente avrebbe cioè bisogno di collassare per ripartire. Nehme è un caro amico e un social worker. Che cosa significa? Che da qualche tempo si è messo a fare pacchi di viveri per le famiglie di ‘nuovi poveri’ della vecchia classe media provocati dalla crisi economica (il cambio è passato in pochi mesi da 1.500 a 10mila lire libanesi per dollaro). Ma lui stesso non immaginava che gli impiegati della sua attività e sua moglie sarebbero stati colpiti direttamente da tale ‘collasso’, rimanendo feriti nell’esplosione. E così centinaia e migliaia di libanesi, impotenti dinanzi alla gravissima situazione politica libanese, evocano ormai il ‘collasso’ per ripartire.

 

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