Tribolazione in comunità: COVID-19

di Yorick Obame

 

Abbiamo tutti fatto la conoscenza all’improviso di un virus che è venuto da  nulla. All’inizio si pensava che era una cosa che non poteva arrivare alle nostre porte invece è stato un brutto incontro. Il COVID-19 ci ha sorpreso e non si sapeva come comportarsi quando si è saputo la ondata dei primi casi in Italia. Era quasi come si fosse un grande scherzo. E poi le mesure sono cominciate quando la situazione si era agravata.

Qui, nell’appartamento del Centro Giorgio La Pira, in via Pescioni n° 3, ci siamo presi di panico per la voce che girava della chiusura delle frontiere. C’è chi, fra di noi voleva mettersi al sicuro in qualsialsi modo. Era un’occasione per andare via per vedere i suoi visto che tutto era quasi chiuso trane le frontiere. Purtroppo non è stato possibile ad un certo punto. Era un momento di grande confusione. Abbiamo dovuto affrontare insieme le prime settimane. Ci ricordiamo che durante questo inizio di “lockdown”, la paura era tale che non si voleva che nessuno di noi andasse fuori per ragione non seria. Sapevamo che se uno di noi avesse preso il “virus”, tutta la casa sarebbe stata contaggiata. Sicché, abbiamo organizzato una reunione (per organizzarci al meglio) fra noi per ricordare a tutti per quanto era importante uscire per un motivo davvero importante. E che la nostra responsabilità tuteleva non solotanto la nostra salute ma anche quella degli altri. Prima di entrare nel pieno della Quarantena, uno dei nostri coinquillino era riuscito ad  andare a stare con qualche amico suo per non esporsi troppo. Quindi siamo rimasti in sei (6) durante quel periodo di confinamento.

Cosi, abbiamo celebrato la Pasqua tutti insieme trane il nostro compagno Jorge. Passavamo le nostre giornate fra i nostri spazi privati e gli spazi comuni. Si faceva delle chiacchere spesso durante il pranzo e la cena. Era divanto una routine. Ma era anche il momento in cui ci scambiavamo notizie sul Coronavirus. Si prendeva qualche notizie del paese di ciascuno di noi e dei nostri. Le nostre famiglie erano preoccupati sentendo e vedendo le brute notizie dall’Italia sul tema del Covid. In somma, la nostra quotidianità era divisa tra i momenti di chiacchera, di scambio di notizia, studio e vicinanza con i familiari. Era un esercizio di apprendimento di se stesso e degli altri perché lì, uno si chiedeva cosa potrebbe fare? Come potrebbe sfruttare questo tempo ai fini utili? Ce la farà o no? Riusciremo ad uscire da questa situazione?  Sono tempi difficili in cui uno si fa demande cosi profonde con una visione futura cosi scarsa. Poi, via via le risposte prendono forme superando il “lockdown”. Si vince la noia, lo stress, la paura facendo tante altre cose che non avevamo la possibilità di fare prima dei tempi COVID-19.

Per superare questa dolorosa prova ognuno cercava di occuparsi anche se non era facile. Ad esempio durante questo periodo Horacio, uno dei sei (6) ragazzi rimasti, ha potuto riconnettersi con qualche parenti suoi con i qualli non aveva più notizie da anni. Ha realizzato in quanto lui era importante per loro e si sono avvicinati di più rispetto a prima. Ha sentito la loro umanità e loro amore.

Per Gaggini, come tutti i primi giorni erano una grande tristezza perché c’era una privazione di libertà. Passava più tempo allo studio. A parte il fatto che stava spesso con i suoi al telefono ha avuto l’opportunità d’imparare come fare dolci ma sopratutto ad “impregnarsi” della bibbia.

L’unico a casa per cui le cose non sono state cambiate di tanto era Élie. In effeti, ha sempre avuto lezione via telematica seguendo l’orario delle lezioni. Per cambiare un po’ d’aria, il modo più addatto per lui era andare a fare la spesa. La Quanrantena è stata un momento per poter approfondire il suo italiano e i capitoli in cui era indietro prima del Coronavirus.

Come i precendenti, Hicham ha potuto studiare tanto, imparare nuove cose come creare siti. E la cosa positiva per lui era il procedimento del Ramandan perché si è riuscito ad avere una relazione intima con Dio durante il digiuno.

Per Gérard, era un golpo duro. Il “lockdown” ha cambiato drasticamente i suoi piani di fine studi. Addirittura non aveva la forza di studiare a un certo punto perché non li veniva la voglia di farlo per mancanza di sonno. Era dovuto alla paura della situazione del momento.  E poi, pian piano si era ripreso grazie all’ambiente della casa. Ha imparato anche lui a fare dolci e tante altre cose. Pero la cosa che li rendeva triste era il fatto che non poteva più vedere la sua sorella con la qualle si vedevano molto spesso e li dava una mano nei studi come prima. Ha lavorato molto su se stesso.

Per quanto riguarda Yorick era difficile da vivere perché tutto si era fermato subito senza un segnale. Così, le cose sono state superate passando momenti con gli altri ma soprattuto imparando a fare nuove ricette tal che sofficini, kebab, lasagna, ecc. La cosa più dura era l’ospidalizzazione proprio a quel periode del Coronavirus. Era un sentimento di paura non per il motivo per cui si andava in ospedale di per sé, ma per via del virus.

Per Jorge, è stato molto diverso nel senso in cui si è svolto in diversi tapi. Sentiva il panico intorno a lui e vedeva la città svuotarsi man a mano prima di andare via dalla’appartamento. Ha potuto andare via lo stesso giorno in cui il decreto di “lockdown”  è stato ufficiale. Era all’inizio complicato del fatto che ha cercato (uno spazio suo) per aver una convivenza con le personne con cui era andato a vivere a Pistoia. Pensava che sarebbe stato lì per poco tempo invece è andato quasi per oltre tre (3) mesi. Durante il confinamente, ha potuto meditare e coinvolgere addirittura gli altri suoi amici. Ha fatto fatica ad informare i suoi familiari in Colombia e in Argentina perché non credevano a quello che accadeva qui Italia. Era come una mancanza di solidarietà delle sofferenze lontane. Nessuno dei suoi conoscenti li credevano affatto, specialmente in Argentina. Era strano saperlo. In fatti, finora ci sono pochi casi e ci sono dei scioperi quasi tutti giorni. Ha collaborato con qualche ONG (del movimento dei focolari) per condividere le vicende in Italia. Cioè, come si affrontava il Coronavirus nel Mondo. Mentre, era a Pistoia ha scoperto che nel luogo di lavoro di una coinquilina sua c’era un caso. Il panico si era incrementato di nuovo e per fortuna la sua amica non è stata contaggiata visto che non era in contatto con quello collega. Era anche l’occasione per lui di aver conversazioni pronfonde con i suoi genitori. È stata un’esperienza di cescita.

Al dilà delle esperienze sia personali che collettive, possiamo dire che tutti noi abbiamo cercato di fare un lavoro su di noi stessi. Abbiamo imparato per quanto i rapporti umani sono importanti e che siamo impirtanti in quanto gli altri. L’apprendimento è stata una cosa fondamentale per tutti quanti. In effetti, il tempo messo alla nostra disposizione involontariamente è stato usufrito imparando cose sia spirituali che intellettuali. Da un punto di vista generale, era un malo necessario. Ora si ripprova ad andare avanti con nuova visione e nuovo spirito.

Firenze, Giugno 2020